"Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore" (Dialogo tratto dal film "I cento passi" di M.T. Giordana).

Questo blog ha uno scopo concreto e diretto: parlare di viaggi, a piedi e in bicicletta, in un territorio che nella sua storia ha pensato a tutto, e ha pensato di essere tutto tranne che una meta turistica o un luogo dove fare pace con l'ambiente e la storia.


giovedì

Eleutero. Viaggio in bicicletta sul fiume che ci renderà di nuovo liberi (2° tappa)

2° tappa: la valle dei mulini


la sosta presso il casale Risalaimi (dall'arabo "Ras-el-ain", testa della sorgente) ci consente di guardarci un pò intorno: siamo nuovamente all'interno della valle dell'Eleutero. Il paesaggio è caratterizzato dai mandarini che vengono coltivati fin sugli argini del fiume. Difficile immaginarlo adesso, ridotto com'è a poche mura imponenti, ma l'antico casale di Risalaimi nel medioevo fu un vero e proprio borgo animato dai cavalieri teutonici che dal 1197 comprendeva una chiesa, un mulino, un ospedale. Qui nel XIV secolo il grande pittore Tommaso De Vigilia dipinse splendidi affreschi che si possono ancora ammirare presso Palazzo Abatellis, a Palermo.


Ripartiamo, lasciandoci alle spalle lo stabilimento dell'acqua, una struttura troppo invasiva e prepotente per la piccola valle di Risalaimi. Ci concediamo giusto il tempo di fare una foto alla collina e al "pizzo" di Marineo che adesso osserviamo da Nord e che forse da qui incute ancora più timore al ciclista che si agginge a risalire la ripida strada verso il colle. La scattiamo in groppa al "ponte di fabbrica" grande arco in pietra d'Aspra costruito nel '500 ma tradizionalmente conosciuto come "ponte arabo".

Scegliamo di seguire una trazzera fatta di saliscendi dolci, adattissima alla bici, che segue parallelamente il corso del fiume. Tutto attorno è un trionfo di profumi e il rumore dell'acqua che scorre copiosa (nonostante la stagione estiva) ci fa compagnia. Ad un crocevia svoltiamo verso destra, verso il primo degli antichi mulini ad acqua che rappresentavano il cuore produttivo della valle, un patrimonio di archeologia industriale storicamente legato principalmente alla produzione di farina di frumento. Di essi oggi rimangono pochi susperstiti allo stato di ruderi, ma il fascino di questi luoghi è sempre fortissimo. Arriviamo in discesa davanti al mulino Paratore, preservato meglio di altri che incontreremo ma trasformato in residenza privata. I resti di alcune macine ci osservano da oltre il cancello sbarrato.


Arriviamo alla fine della discesa e... scopriamo che la strada che abbiamo scelto di percorrere è attraversata dal fiume! Ci mettiamo poco per capire che l'unico modo per guadare l'Eleutero è prendere la rincorsa in sella alla bici e lanciarsi diritto senza pensarci due volte.
Le nostre ruote, la catena, il telaio e i nostri piedi vengono a contatto con l'acqua gelata. E' un battesimo, con il quale il fiume ci sta autorizzando a proseguire.
Davanti a noi si susseguono i ruderi di altri mulini: Gozzo, Badessa, Murtiddi.


Possiamo solo tentare di immaginare cosa doveva essere questa valle fino a qualche tempo fa, con un andirivieni operoso e ininterrotto di braccianti, contadini e produttori e con i canali aerei dei mulini perennemente alimentati dall'acqua del fiume.

Giungiamo alla provinciale da dove possiamo osservare a distanza il monumentale ponte di tredici archi della ferrovia a scartamento ridotto che prima o poi merita di essere recuperato e di portare ancora su di sè numerosi viaggiatori, questa volta su due ruote.
La nostra marcia adesso si fa più lenta e faticosa: la dismissione della strada ferrata e la progressiva appropriazione indebita da parte dei privati non ci consente di percorrere una strada che avrebbe pendenze lievi e curve disegnate al compasso.
Invece dobbiamo risalire sù, quasi in cima alla collina, per poi ridiscendere velocemente per entrare a Misilmeri, che ci accoglie con uno dei suoi panorami più sgraziati, caratterizzati dal dissesto urbanistico dell'ondata di abusivismo degli anni '70 e '80.
Paese splendido ma violentato, con un passato fatto di grande bellezza e nobile storia e decenni recenti in cui il territorio e la sua fertilità sono stati sacrificati ad una espansione senza forma nè ritegno.
Per vedere la Misilmeri migliore devi percorrere il corso principale, arrivare fin giù dove una volta questo incrociava il vallone San Vincenzo per scoprire la collina Villalonga, grande transatlantico di pietra ormeggiato di traverso su una via percorsa fin dai tempi dei romani.
Sù, in cima alla collina, è la dimora dell'Emiro, Manzil-al-Amir, il castello che fu arabo, poi normanno, chiaramontano e poi appartenuto di mano in mano a nobili famiglie fino al '700.



Lasciamo il corso per dirigerci verso valle e ritrovare, praticamente dietro le ultime case coi prospetti non finiti, l'antico mulino di mezzo, ormai rudere sfondato ma alimentato giorno e notte dall'acqua proveniente dalla sorgente che da millenni si trova sotto la piazza principale del paese.


(2-continua)

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